Hanno davvero qualcosa in comune le tasse e la polizza assicurativa aziendale?
Hai mai pensato perché, in genere noi italiani, paghiamo poco volentieri le tasse?
Perché crediamo che i soldi che stiamo pagando, non ci tornano indietro in termini di servizi usufruibili.
E con le polizze succede più o meno la stessa cosa.
Gli imprenditori pensano che siano un insieme di cavilli che servono solo a fottergli dei soldi, che in realtà potrebbero utilizzare per il week end al mare, o per la crociera tanto richiesta dalla moglie.
È evidente che nessuno ha voglia di spendere per un qualcosa che assomiglia ad una tassa.
Questo accade anche perché noi di assicurazioni ne sappiamo pochino.
E giustamente nessuno vuole spendere soldi in qualcosa di poco chiaro.
La sfiducia verso le assicurazioni è un ostacolo importante alla sottoscrizione delle polizze. Inoltre, è fortemente influenzata dalla sfiducia verso i soggetti che intermediano le polizze: broker ed assicuratori.
Questa sfiducia nasce dall’esperienza negativa con quella categoria di assicuratori old-style molti bravi con la parlantina, che ti hanno piantato nella schiena la polizza decennale camuffandotela per l’affare della tua vita.
Per queste 2 principali ragioni:
- Scarsa diffusione della cultura assicurativa nel mondo imprenditoriale
- Intermediari poco specifici per il settore rischi industriali
Viene fuori che l’Italia è una delle nazioni con le percentuali più alte in Europa di imprenditori sotto-assicurati.
Addirittura, in alcuni settori, la non assicurazione arriva al 90%.
Certo non tutte, magari la tua, che leggi questo articolo, ha la fortuna di avere in te un fondatore illuminato e premuroso.
Ma il dato è incontestabile, il 97% delle aziende non possiede una copertura per il danno da fermo attività. E il Covid-19 ci ha fatto toccare con mano le conseguenze economiche portate da uno stop produttivo.
La polizza assicurativa aziendale richiesta dal tuo cliente: minaccia o opportunità?
Sin da quando siamo bambini, siamo tutti consapevoli che sia utile proteggerci dai rischi, ma poi cresciamo e ci rimbecilliamo.
Ed è per questo che la maggioranza delle polizze non sono frutto di valutazioni spontanee, ma sono state stipulate soltanto perché ce l’ha chiesta un cliente, oppure per accedere ad un nuovo mercato.
Qualsiasi cosa “obbligatoria” finisce nella tua testa ed anche nella mia, per avere pochissimo valore in termini di utilità ed importanza.
Al pari dell’Rc auto, che essendo obbligatoria per legge è considerata nell’immaginario popolare una delle tante tasse che vessano i possessori di un veicolo a motore.
Quando fai la polizza assicurativa aziendale su richiesta specifica di un committente esigente, non stai facendo i tuoi interessi, ma quelli suoi.
Non stai mettendo in sicurezza la tua azienda, ma è come se stessi ottemperando ad un obbligo.
È normale che poi le polizze le vedi come una tassa.
Ovviamente, io sono assolutamente contrario al concetto di obbligatorietà di una polizza, e mi sale il nervoso ogni qual volta si paventa l’introduzione di qualche copertura obbligatoria (terremoto, alluvioni etc.).
Comportamenti assicurativi degli imprenditori italiani
Nel 2022, il secolo dell’informatizzazione e dell’informazione, esistono credenze e convinzioni sul tema della polizza assicurativa aziendale che farebbero rabbrividire perfino un mercante genovese del XVI secolo.
Troppo spesso nel corso della mia carriera ho trovato tante piccole e medie imprese che sono esposte, a loro insaputa, a rischi molto elevati.
Così si arriva al controsenso che si parla di industria 4.0, ma allo stesso tempo le aziende non hanno una polizza assicurativa aziendale che possa proteggerle dalle calamità naturali, da un danno ambientale, da un fermo di attività.
Sarebbe come mettere al mondo un figlio e lasciarlo all’abbandono, non seguirlo, non educarlo, non metterlo in guardia dai possibili pericoli.
È un circolo vizioso: da imprenditore sano, quali sono convinto che sia, dovresti pensare ad assicurare la tua azienda da ciò che potrebbe distruggerla, così come un padre dovrebbe assicurarsi che il proprio figlio non prenda strade sbagliate e non faccia cattive amicizie.
Se vuoi bene a tuo figlio, e non ho alcun dubbio, vorrai bene anche all’altra tua creatura, che è la tua azienda.
E la grana è che un domani passerai il testimone, a chi oggi ti vede come principale esempio educativo, tuo figlio o tua figlia.
Per “l’abbandono di minore” esiste l’art. 591 del Codice penale, se dimentichi di mettere in sicurezza il patrimonio della tua azienda, invece, la stai semplicemente abbandonando al suo destino.
Chi ha ben compreso il ruolo del mondo assicurativo è un tuo collega: Marco Oriolo, armatore e logistico, vicepresidente dei giovani imprenditori di Confindustria con delega all’economia, finanza e internazionalizzazione d’impresa.
Dice: «Fare impresa significa esporsi al rischio»
Intervistatore: «Ma perché, allora, nelle assicurazioni i francesi spendono il doppio, gli inglesi il triplo, gli americani cinque volte più degli imprenditori italiani?»
Marco Oriolo: «Perché non sappiamo ancora trasformare il rischio in valore» è stata la sua risposta.
Ti piacerebbe sapere chi c’è dietro questo articolo?
Se è la prima volta che leggi un mio articolo, mi presento, io sono Mario Cianci. Il fondatore del metodo di protezione per le medie e piccole industrie ormai conosciuto come Azienda Assicurata.
Dietro a questo metodo di protezione c’è la soluzione all’esigenza di tanti imprenditori, nauseati dalla mancanza di competenze specifiche da parte degli assicuratori generalisti.
Qual è l’approccio giusto?
Chiedi ad un risk manager di considerare insieme a te quali sono i rischi della tua azienda.
- Cosa accadrebbe in caso di fermo della produzione per due mesi? Quanto fatturato perderesti? A quali pagamenti dovresti comunque fare fronte?
- Quale sarebbe la conseguenza del danneggiamento dei tuoi software e delle banche dati? Quanto costerebbe il ripristino?
- Su quanti consumatori contemporaneamente potrebbe manifestarsi un difetto di fabbricazione o etichettatura? Qual è la spesa che dovresti sostenere per una campagna di ritiro?
Polizza assicurativa aziendale: Quali sono i casi di successo?
Guarda ciò che è capitato ai tuoi colleghi colpiti dal terremoto all’Aquila o in Emilia (il c.d. terremoto dei capannoni). Quelli che avevano la polizza assicurativa aziendale fatta bene, hanno potuto rimettersi a lavoro in tempi giusti senza licenziare nessun lavoratore, facendo ripartire produzione e vendita. Ed hanno ottenuto una maggior credibilità anche nei confronti dei lori clienti.
Loro hanno capito che la polizza assicurativa aziendale non è un costo, ma bensì un trasferimento di un costo. Sono stati attenti ed accorti, e si sono resi conto che per forza i grandi rischi vanno trasferiti a chi ha le spalle larghe.
Il fondo imprevisti
Mettiamo che la tua azienda sia in salute, e tu dopo anni a “farti il culo” sei riuscito a mettere da parte una discreta liquidità. Insomma, sei molto solido, per cui pensi di poter affrontare da solo gli imprevisti. Hai accantonato un tesoretto di tutto rispetto, che rappresenta il fondo imprevisti della tua azienda.
D’accordo, se accantoni un’abbondante “fondo imprevisti”, e quando dico abbondante intendo di almeno 30.000.000 € (trenta milioni di euro), allora fai bene.
MA CHE SENSO AVREBBE ACCANTONARE TUTTO QUEL DENARO QUANDO PUOI LEVARTI IL FASTIDIO SPENDENDO MOLTO MENO ED ASSICURANDOTI PER CIFRE PIÙ ALTE?
Forse stai pensando che sto dando i numeri, oppure che mi è scappato qualche zero di troppo, ma non è così.
Probabilmente, quando si parla di assicurazioni aziendali, pensi principalmente ad un incendio, ad un allagamento o magari ad un furto su commissione.
Quando hai visto 30.000.0000 € hai pensato che il tuo stabilimento industriale, considerando anche i macchinari che ci sono all’interno, non valga questa cifra.
In effetti, è impossibile che tu subisca un danno superiore al valore di sostituzione dei tuoi macchinari, o di ricostruzione del tuo capannone.
Ma non è l’unica cosa da tenere a mente. Mi spiego meglio:
- Finché non rimetti su la produzione, chi paga gli stipendi, i finanziamenti, i canoni d’affitto, le rate dei mutui e tutti gli altri costi fissi?
- Come farai con la banca che ti restringe la linea di credito?
- E dove reperirai il mancato utile, essenziale per lo sviluppo aziendale?
Il 43% delle PMI che ha subito un’interruzione di esercizio, dovuta ad evento catastrofico (incendio, alluvione, etc.) è fallita nei successivi 5 anni e il 29% entro 2 anni.
Le ragioni sono riassumibili in:
- Perdita dei clienti
- Impossibilità di accedere al credito bancario
- Mancanza di liquidità
Ad esempio, pensi che tutti coloro che stanno utilizzando il tuo prodotto/ il tuo servizio sono disposti a farne a meno per 2/3 mesi?
Ovvio che no!!!… e quindi cosa faranno?
Si rivolgeranno ad un altro fornitore. E poi sono difficili da riacquisire.
Quindi tu devi avere quel cuscinetto di liquidità per piano piano riprendere la tua quota di mercato.
Con il solo risarcimento del danno ai macchinari e al capannone non ne salti fuori.
Ecco perché il 43% delle aziende pur avendo ricevuto milioni di € con il quale ricostruire il capannone e rimpiazzare i macchinari sono fallite nei successivi 5 anni.
Semplicemente perché ogni 1.000.000 € di danni diretti pagati, ce ne sono 2.470.000 € di danni da interruzione di esercizio (costi fissi e mancato guadagno).
E sono proprio questi danni che potrebbero vaporizzare il tuo “fondo imprevisti” e svuotarti il conto in banca.
Senza considerare i COSTI AMBIENTALI di un incendio, perché nessuno ha la palla di vetro.
Avresti azzerato tutto e nel frattempo non saresti riuscito comunque a rimediare al grave danno subito.
Preferisci pagare di tasca tua o è meglio strutturare un piano articolato di tutele con chi ha le spalle abbastanza larghe per sopportarlo?
Se la materia trattata ti ha lasciato ancora qualche dubbio, lascia un commento con la tua richiesta specifica.
Alla tua protezione,