Dichiarazioni mendaci, non veritiere e/o incomplete fornite all’assicurazione: cosa si rischia?

Eventuali dichiarazioni mendaci, non veritiere e/o incomplete dell’assicurato che abbiano indotto l’assicurazione a sottoscrivere un contratto che non avrebbe mai stipulato (o al massimo a condizioni differenti), hanno serie conseguenze.

Il Codice civile interviene con due articoli su quelle situazioni nelle quali il rischio è stato presentato diversamente all’assicurazione.

Questo perché il contratto assicurativo si fonda su un consenso iniziale basato su uno scambio di informazioni tra l’assicurato e l’assicurazione.

Infatti, la decisione dell’assicurazione di accettare il rischio che consegue alla stipula della polizza è figlia delle informazioni che riceve dall’assicurato prima della stipula.

Dichiarazioni mendaci: Perché il legislatore ha introdotto tali norme?

Perché intende tutelare l’affidamento di una parte. Non si può pretendere che l’assicurazione conosca la situazione meglio dell’assicurato; nessuno conosce la propria situazione meglio dell’assicurato. Ed è sulla base delle notizie che l’assicurato da all’assicurazione che questa accetta di stipulare la polizza.

Le disposizioni del Codice civile

Alle dichiarazioni fornite dal contraente prima della stipula di una polizza aziendale si collegano gli art. 1892 e 1893 del Codice civile.
Sono due articoli che regolamentano quelle situazioni nelle quali la valutazione del rischio da parte dell’assicurazione sia risultata condizionata da:

  • Dichiarazioni inesatte e reticenze con dolo o colpa grave (art. 1892 c.c.)
  • Dichiarazioni inesatte e reticenze senza dolo o colpa grave (art. 1893 c.c.)

Conseguenze di dichiarazioni mendaci, inesatte e reticenze con dolo o colpa grave

Cosa può fare l’assicurazione quando scopre il tutto?

  • Agire per ottenere l’annullamento del contratto. Ha tre mesi di tempo per esercitare questo diritto
  • Non è tenuta al pagamento del sinistro quando questo si verifica prima della conoscenza della reticenza
  • Non è obbligata a pagare il sinistro nemmeno se questo si verifica nei 3 mesi che servono per impugnare il contratto

Conseguenze di dichiarazioni mendaci, inesatte e reticenze senza dolo o colpa grave

Ci troviamo di fronte ad una situazione meno grave. L’assicurazione può comunque decidere di recedere dal contratto e ha sempre 3 mesi per farlo. Se si verifica un sinistro nell’arco dei 3 mesi, in caso di buona fede o colpa lieve, il sinistro si paga ma ridotto proporzionalmente. Se l’assicurazione dimostra però che il contratto non l’avrebbe fatto, il sinistro non si paga ugualmente.

La ratio è: «Nessuno può costringere l’assicurazione a pagare un sinistro che è la realizzazione di un contratto che non avrebbe stipulato».

Se è la prima che leggi un articolo su questo blog, sarai curiosi di sapere chi c’è dietro questo articolo.

Quali reticenze sono la causa di respingimento di un sinistro?

Le inesattezze o le reticenze devono essere considerate come:

  • Avrei assicurato comunque questo rischio?
  • Avresti chiesto di più?

Tuttavia, l’assicurazione può respingere solo i sinistri che hanno collegamento con la falsa dichiarazione o reticenza.

Dichiarazioni mendaci: Chi deve provarne la gravità?

Sull’assicurazione incombe tale onere della prova, visto che è chi eccepisce questa cosa. L’assicurazione deve dimostrare che se avesse appreso quella notizia non avrebbe dato l’ok alla stipula della polizza o l’avrebbe data ma soltanto ad altre condizioni.

Caso reale: crollo ponte Morandi

Autostrade per l’Italia aveva sottoscritto una polizza per la rete autostradale di tipo all risks (ramo danni diretti) per una somma assicurata di € 300 mln. Una polizza dove erano confluite alcune opere strategiche per la società, come i grandi viadotti, compreso il ponte Morandi.

Autostrade per l’Italia vuole avere un indennizzo a seguito del crollo. Ma le assicurazioni, con la svizzera Swiss Re Corporate Solution come capofila, sono convinte che il sinistro non debba essere rimborsato. Sostengono che se avessero saputo delle falle costruttive presenti nel ponte Morandi non avrebbero stipulato quella polizza (fonte Mf).

Il principio è quello che si applica ad una copertura assicurativa salute sottoscritta da una persona già malata, che ha tenuto nascoste le sue condizioni al proprio assicuratore.

L’assicurazione ritiene che Autostrade per l’Italia abbia presentato il suo rischio in modo diverso dalla realtà, in modo colposo o doloso.

Nel momento in cui il contezioso passerà sul piano giudiziale, è alla compagnia che spetterà l’onere di dimostrare che l’assicurato sapeva ma ha mentito.

È chiaro che se saltassero fuori delle relazioni tecniche precedenti alla stipula dalle quali emergono dei rilievi sui deficit strutturali presenti, la compagnia avrebbe tutte le ragioni per non pagare.

Polizza D&O: dichiarazioni mendaci e/o non veritiere e/o incomplete fornite al momento della stipula

Adesso però riferiamoci alle polizze che toccano da vicino una media e piccola azienda. Pensiamo a quanto accaduto a questa azienda che all’atto di compilare il questionario per la copertura assicurativa Rc Amministratori (D&O), omette di comunicare alla compagnia la circostanza di aver ricevuto una richiesta di risarcimento da parte di un proprio operaio per mobbing (notizia tra l’altro riportata su alcuni quotidiani locali).

L’assicurazione, ignara della vicenda, emette la polizza in favore dell’assicurato a certe condizioni. Alcuni anni dopo l’amministratore della società viene citato in giudizio innanzi al tribunale da un dipendente, sulla base di un licenziamento ingiustificato; circostanza che non ha nulla a che vedere con la causa per mobbing, taciuta alla compagnia.

In un caso come questo, ai fini dell’esperibilità da parte dell’assicurazione dei rimedi di cui agli art. 1892 e 1893, giocherà un ruolo fondamentale la dimostrabilità che le circostanze precedentemente taciute avrebbero portato l’assicurazione a non assicurare il rischio o a farlo ma soltanto a fronte di un costo più elevato (onere della prova che grava sull’assicurazione).

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