Come proteggere e tutelare il patrimonio della propria azienda in caso di involontario danno all’ambiente? Ne parliamo in questo approfondimento.
Le aziende e il rischio inquinamento
Tutte le imprese che siano grandi, piccole o medie, possono trovarsi in condizione di causare un involontario danno ambientale. Questo rischio non è esclusivo di attività considerate pericolose, come ad esempio le industrie chimiche o petrolifere, ma coinvolge tutte le tipologie di aziende.
La responsabilità di un danno ambientale

Questo è vero perché da diversi anni vige il principio “Chi inquina paga”, però, spesso, purtroppo, le imprese vengono a conoscenza degli obblighi previsti dalle norme di legge e degli ingenti costi da sostenere per la bonifica e per il risanamento di danni a terzi, solo quando si verifica qualche evento inquinante.
Un’adeguata strategia di difesa per i rischi ambientali è quindi essenziale per la salvaguardia del patrimonio aziendale.
La normativa italiana sui danni ambientali è tra le più severe al mondo. In caso di contaminazioni, sversamenti o altri incidenti, l’azienda viene ritenuta responsabile e quindi obbligata a pagare i costi di bonifica e di ripristino.
La legge, però, dice poco o nulla sulla prevenzione. Non sprona le aziende ad essere consapevoli dei propri rischi, a tutelarsi con una copertura assicurativa adeguata o a fare una regolare manutenzione degli impianti.
La nostra normativa interviene sostanzialmente quando ormai il danno è fatto.
Ma non è detto che sia sempre possibile ripararlo, né che una piccola impresa abbia a disposizione centinaia di migliaia di euro per sostenerne i costi.
Priorità nella tutela dell’ambiente

Autovalutazione di vulnerabilità
Tutto comincia dall’autovalutazione, cioè dall’identificare le possibili sorgenti di danno ambientale nella propria azienda, dei percorsi e di chi ne subisce l’impatto.

Solitamente, nelle aziende industriali le sorgenti sono quasi sempre queste:
- Incendio/scoppio/esplosione
- Serbatoi e vasche interrate
- Condotte interrate e fuori terra
- Serbatoi e vasche fuori terra
- Aree di deposito, processo, movimentazione di prodotti o reflui
- Punti di emissione
- Depuratore o disoleatore aziendale
Il rischio zero purtroppo non esiste, quindi è importante essere consapevoli di quanto sia vulnerabile il sito in cui l’attività produttiva è ubicata.
Consapevolezza sui propri rischi
Uno degli ostacoli maggiori per i quali la consapevolezza di poter arrecare un danno all’ambiente è molto bassa è che l’imprenditore, giustamente, è concentrato sulla propria attività e non si pone la domanda: “E se succedesse questo?”.
L’emergenza può capitare a chiunque, e non tiene conto delle dimensioni (un falso mito è che gli inquinamenti siano prerogativa delle grandi aziende).
Attività fisiche per ridurre la probabilità di danno ambientale
Una volta identificate le possibili sorgenti di danno ambientale, bisogna mettere in atto le attività fisiche e non solo (anche contrattuali e legali) che servono a ridurre la probabilità che si verifichi l’emergenza o se dovesse avvenire a mitigarne gli effetti.
L’approccio più efficace è quello che prevede:
- Formazione: corsi sulla sicurezza ambientale. L’effetto del fattore umano sui grandi incidenti ambientali è ahimè molto rilevante;

- Misure operative: es. riduzione delle emissioni dirette tramite installazione di bruciatori industriali a basso rilascio di ossidi di azoto, ma anche realizzazione di cordolatura, miglioramento della segnaletica, installazione di un sistema di video sorveglianza nell’area di stoccaggio rifiuti;

- Manutenzione: Poiché non ce lo impone nessuno, l’azienda che vuole prevenire danni all’ambiente deve decidere a che intervalli di tempo effettuare la manutenzione su, ad esempio, un serbatoio, oppure di quali dotazioni tecniche deve essere fornita (valvole, segnaletica).

Esistono 2 tipi di manutenzione:
- Predittiva: attraverso termocamera, liquidi penetranti, infrarossi, test spessimetrici. È la manutenzione più raffinata che esiste.
- Preventiva
Poi c’è un altro di “Manutenzione” che è quella a guasto. Ma in realtà, intervenire a seguito di un guasto significa fare riparazione, non manutenzione.
La polizza assicurativa danno ambientale
Il rischio inquinamento può essere ridotto su vari aspetti:
- Fisicamente
- Legalmente
- Contrattualmente
Ma se il rischio continua ad esserci, esisterà sarà sempre una possibilità che si possa trasformare in incidente.
In Italia esiste una copertura assicurativa specifica per i danni ambientali. Complessivamente, meno dell’1% delle aziende si è protetta con un’assicurazione ad hoc. È una questione culturale, visto che in Germania (dove non è presente alcun obbligo) oltre il 90% ha scelto di coprirsi.
Io posso anche saltare la fase della prevenzione del rischio e fare direttamente una polizza. La logica del trasferimento del rischio la rende la via più breve e immediata. Pagherò di più ma posso farlo.

Il senso della stipula della polizza Rc Inquinamento è la consapevolezza che nonostante come azienda abbia fatto tanto per ridurre il rischio, la probabilità che il danno si manifesti c’è, quindi mi tutelo anche con una copertura assicurativa.
Una volta predisposte tutte le misure preventive, il tassello conclusivo è quello di stipulare una polizza Rc Inquinamento; a patto di dimensionare correttamente la polizza considerando l’impatto finanziario dell’ipotetico sinistro.
È inutile fare la Rc Inquinamento se non ho ben chiaro a cosa mi serva.
Mi sono fatto prospettare degli esempi pratici per calcolare i costi di un sinistro? Ho idea di quali sono i costi medi di una bonifica?
- Danni al solo terreno € 100.000
- Danni alla falda € 1.200.000
È fondamentale calcolare preventivamente qual è la provvista economica-finanziaria giusta per affrontare quel rischio.
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