Probabilmente, sono proprio le aziende che lavoravano da più tempo esposte a determinati rischi in azienda. Le stesse che dicevano “non mi è mai successo …”.
Poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel 1947, il pilota americano Chuck Yeager, a bordo di un aereo sperimentale Bell X-1, scrisse una delle pagine più importanti della storia del volo umano.
A bordo di quel piccolo proiettile alato di colore arancione, dal nome di “glamorous glennis”, infranse per la prima volta il muro del suono.
Da lì a poco, buona parte degli aerei da caccia sarebbe riuscita a superare la magica soglia di Mach 1. Bisognerà aspettare fino al 1969 per vedere un aereo civile da trasporto passeggeri levarsi in cielo e oltrepassare i 1200 km/h.
Stiamo parlando del Concorde, il re incontrastato dei cieli dal 1976 al 2000. Un aereo che ha portato migliaia di passeggeri a valicare l’oceano atlantico in circa tre ore e mezza alla velocità di crociera di 2.200 km/h. Nei voli verso occidente, quindi da Parigi a New York, la velocità era superiore a quella della rotazione terrestre. Quindi l’ora di arrivo era antecedente l’ora locale del luogo di partenza e in alcuni voli poteva capitare di decollare al tramonto da Londa e atterrare negli Stati Uniti in pieno giorno.
L’aereo più veloce può essere il più sicuro?
Nonostante tutti parlavano del primato che aveva in termini di velocità raggiunta, c’era un altro record che poteva vantare: «900.000 ore di volo senza incidenti mortali».
Questo primato è stato distrutto il 25 luglio 2000 in soli 120 secondi.
Rischi in azienda: Ciò che non è successo in 50 anni può accadere in 1 minuto
L’incidente accaduto al Concorde ci lancia un forte avvertimento: leggere il passato non significa predire il futuro.
Non aver avuto incidenti per 30 anni non ti da diritto di credere che la probabilità che non accada nel futuro prossimo sia altrettanto bassa.
Nel momento in cui si da per buono l’assunto «in 30 anni non ci è mai successo nulla» cala l’attenzione e si commettono errori di valutazione.
Il caso di Fukushima
La centrale di Fukushima era considerata il fiore all’occhiello della tecnologia nucleare, anche in termini di sicurezza. Infatti, per 40 anni (esatti) non ha registrato alcun tipo di incidente (1971-2011). Lo stesso possiamo dire per te e la tua azienda; ci sono dei rischi che anche se non hanno prodotto conseguenze tangibili, esistono eccome.
Parliamoci chiaro, il problema è che quando devi adottare delle misure di prevenzione contro rischi aleatori, una parte di te pensa: «A me non è mai successo! In 30 anni che ho l’azienda questo evento non si è mai verificato».
Di che dati disponi per poter valutare l’esposizione verso un tipo di rischio?
Quando si parla di gestione dei rischi, dove la stipula di un’assicurazione è solo una delle possibili modalità di gestione/trasferimento, bisogna fare le cose nel modo giusto. Innanzitutto, io come imprenditore dovrei avere dei dati per poter valutare il rischio. Che significa guardare anche al di fuori di ciò che succede nella mia azienda.
Se mi sto approcciando al rischio inquinamento affermare: «Non mi è mai successo nulla» è un ragionamento miope oltre che ingenuo.
Prima di tutto dovrei conoscere:
- Quanti sversamenti ci sono stati in altre aziende del mio settore
- Quante volte gli incendi hanno portato all’immissione di sostanze tossiche in atmosfera o alla caduta di particelle nei terreni confinanti
- Quali sono stati i malfunzionamenti nei camini o depuratori che hanno avuto come conseguenza un superamento dei valori soglia.
Invece, l’unico elemento sul quale mi baso per fare delle valutazioni sono i miei dati, ciò che mi è capitato in passato. Ma quelli non fanno statistica, per questo bisogna astenersi dal fare statistica solo su se stessi.
N.B. Quando si parla di eventi ad elevata magnitudo, se fossero già capitati, la tua azienda non sarebbe più in piedi.
Se hai perso alcuni tratti della mia storia, dà un’occhiata a:
Rischi in azienda: esiste l’infallibilità?
«Siamo in possesso del CPI»
«Abbiamo gli impianti sprinkler»
«Siamo dotati di sensori di fumo»
«Abbiamo una squadra antincendio»
Altre volte le ragioni per le quali si ritiene che l’evento difficilmente accadrà è che si pensa che aver adottato delle misure di prevenzione sia una sorta di immunità.
Capita spesso che le misure di prevenzione funzionino relativamente poco; ci sono casi che succedono regolarmente e che non sono fantasiosi:
- Gli impianti sprinkler potrebbero non funzionare o le vasche dalle quali dovrebbero prendere l’acqua sono vuote
- I sensori funzioneranno sicuro?
- La squadra antincendio interna riesce a contenere il danno? Forse. Hanno il coraggio di agire? Forse. Non basta fare 2 volte l’anno la prova, perché c’è da mantenere un livello di addestramento molto intenso.
- Com’è la controsoffittatura? I materiali utilizzati sono ignifughi? Sono REI? Da quanto sono utilizzati? La lana di vetro che c’è dentro da quanto tempo non viene controllata? Si è polverizzata? N.B. La lana di vetro nel momento in cui si polverizza diventa una miccia rapidissima tipo il fulmicotone.
- Se la porta REI non arriva al tetto, e sopra al tetto ci sono i pannelli sandwich è come se la porta tagliafuoco non ci fosse.
- Il camion dei vigili del fuoco in quanto tempo riesce ad arrivare? Quanto è distante la stazione dei vigili del fuoco? Quanti mezzi hanno a disposizione?
- Posso eliminare la possibilità che si verifichi un cortocircuito?
Adottare delle misure di prevenzione non significa che l’evento non possa andare fuori controllo. Le attività di prevenzione le devo fare a prescindere dalla stipula di una polizza assicurativa, perché come azienda sono il 1° ad avere interesse che l’evento non si verifichi.
Rischi in azienda: si possono ridurre, ma ci sarà sempre una possibilità che il danno si possa verificare
Pensi che la British Airways o la Air France lesinavano sulla sicurezza di un aereo che toccava i 2200 km/h? Assolutamente NO. La manutenzione dell’aereo durava tra le 18 e le 20 ore per ogni ora di volo (contro le due ore impiegate mediamente per altri aerei di linea). Il suo costo per ogni ora di volo era di 175.000 franchi, di cui 88.000 di sola manutenzione, ovvero oltre la metà del costo complessivo di un volo. Eppure questo non ha impedito l’incidente del 25 luglio 2000.
Rischi in azienda: Se eventi piccoli si collegano fra loro portano ad un danno enorme
Il Concorde AF4590 dell’Air France decollò dallo scalo parigino Charles-de-Gaulle alle 16:42. Nel momento del decollo, quando era ancora a terra, iniziarono a divampare dalle fiamme, ma l’enorme velocità ormai raggiunta dall’aereo (oltre i 320 km/h) impediva ogni arresto. Il Concorde quindi era stato costretto a decollare con l’ala sinistra a fuoco.
Dopo poco più di un minuto, il Concorde, che era ormai impossibile da controllare, si schiantò sull’albergo “Hotelissimo de Gonesse”, mentre cerca di dirigersi invano all’aeroporto di Parigi-Le Bourget. Le indagini ufficiali ricostruirono l’escalation di eventi responsabili dell’incidente.
Sulla pista dalla quale stava decollando il Concorde poco prima era partito un DC-10 della Continental che aveva perso un frammento metallico largo 3cm e lungo circa 50cm.
Il pneumatico del Concorde lo colpì in pieno e scoppiò. Un grande pezzo di gomma, pesante circa 4,5 kg venne scagliato verso l’alto e urtò la parte inferiore dell’ala sinistra, provocando un’onda di pressione all’interno del serbatoio che causò la rottura del bocchettone del rifornimento del carburante; ne scaturì una fuoriuscita di carburante di circa 75 litri al secondo.
Altri frammenti di gomma causarono il trancio di alcuni cavi nel carrello sinistro, che produssero un arco elettrico, cioè una scintilla che finì per incendiare il carburante che fluiva copioso verso l’esterno dell’ala sinistra.
Chiudere il recinto dopo che i buoi sono scappati
Nei 15 mesi successivi (con l’aereo fermo a terra) un team effettua una serie di modifiche a quelle che sembrano le aree chiave che hanno contribuito all’incidente:
- Inseriti 150 rivestimenti in kevlar nei serbatoi, progettati per impedire la massiccia fuoriuscita di carburante
- Introdotti pneumatici più resistenti alle forature
- I cavi del carrello che potrebbero aver innescato l’incendio vengono corazzati con un rivestimento di acciaio flessibile
Con queste tre modifiche gli ingegneri concludono che è impossibile che possa ripetersi lo stesso tipo di incidente.
Rischi in azienda: Tutto ciò che puoi immaginare… può accadere…
Dire: «Ma quante volte a noi è capitato che…» Ti sembra una domanda ragionevole? Certo che NO… perché basta una volta.
Gli esempi del Concorde e di Fukushima dimostrano come sia difficile prevedere tutto ciò che potrebbe accadere.
Però gli imprenditori italiani sono così bravi che riescono ad essere certi del contrario:
«A me questa cosa non è mai successa ed è impossibile che accadrà»
Se qualcosa può andare storto, lo farà nel momento peggiore possibile
Quando il più forte terremoto mai registrato in Giappone si sviluppò a largo della costa orientale del paese, alla centrale nucleare di Fukushima andò tutto come doveva andare.
I sistema di sicurezza percepirono il terremoto e automaticamente interruppero le reazioni di fissione nucleare. Allo steso tempo attivarono i generatori di emergenza, per raffreddare i reattori, come previsto dai protocolli.
A non essere stata prevista era l’onda di oltre 14 metri che arrivò un’ora dopo, che avrebbe causato un incidente classificato come catastrofico (al pari di quello avvenuto a Černobyl’). L’inadeguatezza dei sistemi di sicurezza della centrale portò alla parziale fusione dei noccioli di tre dei suoi reattori.
Rischi in azienda: Il mio settore è differente
La reazione dell’imprenditore che non è in grado di cogliere il messaggio implicito di questi due eventi è:
- «Ma io non ho una centrale nucleare»
- «Io non possiedo una compagnia aerea»
Infatti, ogni azienda deve condurre un’analisi dei rischi. Il problema è che la logica con la quale si decide quali rischi:
- Diminuire
- Trasferire
- Assicurare
è: «Mi è successa questa cosa oppure NO?»
L’analisi del rischio non è qualcosa di emotivo, che faccio di pancia all’indomani di:
- Un furto, e quindi installo l’impianto di allarme
- Un terremoto, e decido di assicurarmi perché ho capito che può succedere anche a me
- Una citazione in giudizio di un mio dipendente per discriminazioni, per questo corro a sottoscrivere una polizza di tutela legale
L’analisi di uno scenario di danno sia in termini di probabilità che di magnitudo (quali conseguenze economiche può avere) non può essere concepito da una sola mente.
Seppur l’imprenditore possa farlo da solo, difficilmente potrà calcolare i danni nella maniera corretta.
Se la materia trattata ti ha lasciato ancora qualche dubbio, lascia un commento con la tua richiesta specifica.
Alla tua protezione,